CHI ORIGLIA NON SENTIRÀ MAI PARLAR BENE DI SÉ (Esopo)
"La scuola di Atene è un celebre affresco rinascimentale dipinto da Raffaello Sanzio intorno al 1509-1511. Quest'opera fa parte degli affreschi che decorano le Stanze Vaticane nel Palazzo Apostolico all'interno della Città del Vaticano.
Il dipinto raffigura un gruppo di filosofi, matematici e scienziati dell'antichità classica, riuniti in una straordinaria rappresentazione della "Scuola di Atene". Atene, la celebre città greca, è scelta come luogo ideale per ritrarre il sapere antico.
I personaggi principali sono Platone e Aristotele, posti al centro dell'affresco, rappresentati in profonda discussione e riflessione. Altri pensatori noti, come Socrate, Euclide, Pitagora e molti altri, sono disposti in vari atteggiamenti e posizioni nel dipinto.
La scuola di Atene è apprezzata per la sua composizione armoniosa, l'uso magistrale della prospettiva e la ricchezza di dettagli. Quest'opera è considerata uno dei capolavori dell'arte rinascimentale, evidenziando la maestria artistica di Raffaello e la sua capacità di rappresentare il pensiero e la cultura dell'antichità.
Il dipinto continua a essere studiato e ammirato per la sua profondità simbolica e la brillante esecuzione artistica."
(Il testo che precede è stato generato da ChatGPT il 5 marzo 2024)
Intanto posso dirvi questo: Il supporto è un pannello di compensato delle dimensioni approssimative di 2m x 3m.
Inizialmente i personaggi erano gli stessi dell'originale di Raffaello, con la sola eccezione di Stefano al posto di Aristotele, e Aurora vicino al piedistallo in basso a sinistra (Sotto di lei ora c'è la ragazza con l'orecchino di perla).
In seguito alcuni dei volti sono stati sostituiti da quelli di persone a me vicine (compreso me stesso!), 'vicine' anche a livello 'spirituale'. Molti di questi 'nuovi' volti, nel tempo, sono stati a loro volta sostituiti.
A breve pubblicherò qui una piccola cronologia per immagini, che riporterà le varie fasi del lavoro, e farà rivivere, in qualche modo, anche i soggetti non più presenti.
Ho iniziato il lavoro nel 2010, dopo aver visitato i musei vaticani, che ospitano le stanze di Raffaello: in una di queste, la stanza della Segnatura, si trova l'originale citato all'inizio.
Periodi di lavoro relativamente brevi (pochi giorni) si sono alternati a lunghe pause (mesi), fino ad arrivare ai giorni nostri.
L'ultimo ad essere stato inserito è Domenico, fra Stefano e Roberto. Non somiglia molto, dovrò rimetterci mano...
Iniziamo con la carrellata dei personaggi, partendo da sinistra, con il più grande di tutti: Dante Alighieri.
Nato a fine maggio 1265, Dante perse la madre Bella degli Abati quando aveva 5 o 6 anni; il papà era un piccolo commerciante. Suo maestro fu Brunetto Latini, un amico più grande, un secondo padre. A nove anni Dante vide per la prima volta Beatrice, figlia di Folco Portinari, uno degli uomini più in vista di Firenze. Era promessa sposa a uno dei banchieri più ricchi della città: matrimonio combinato, come quello di Dante con Gemma Donati. L’unico posto dove Dante poteva vedere Beatrice era la chiesa; avrebbe incrociato di nuovo il suo sguardo dopo altri nove anni, occasione in cui Beatrice gli sorrise. Dante scambiava poesie su di lei con i suoi amici Guido Cavalcanti e Lapo Gianni. Nel 1290 Beatrice morí. Per riordinare le idee Dante scrisse La Vita Nuova, una specie di autobiografia, anch'essa dedicata a Beatrice; alla fine della Vita Nova, Dante annuncia la Divina Commedia, per “dire di lei ciò che non fumai detto di alcuna”. Presto si appassionò alla filosofia, e iniziò a partecipare alla vita pubblica; allora il Papa rappresentava l'autorità spirituale, mentre l'imperatore esercitava il potere temporale. Questo in teoria; in pratica i due aspetti si intrecciavano. I sostenitori del Papa erano i guelfi, quelli dell'imperatore i ghibellini. A Firenze comandavano i guelfi, ad Arezzo i ghibellini. I rispettivi eserciti si scontrarono nella battaglia di Campaldino, l'11 giugno 1289, battaglia a cui partecipò anche Dante, che si comportò coraggiosamente. Vinsero i guelfi. I ghibellini vennero cacciati da Firenze e i guelfi si divisero in neri legatissimi al Papa e bianchi, meno legati al Papa e per questo bollati come ghibellini. Dante era un guelfo bianco. Lo scontro, fra le due fazioni dei guelfi, fu inevitabile: i neri appoggiati da Carlo di Valois, fratello del re di Francia, ebbero la meglio e Dante venne accusato di corruzione e condannato a morte nel 1302. Fu mandato all'esilio, da cui non sarebbe più tornato: non rientrerà mai più a Firenze, nemmeno dopo morto. Dante si iscrisse all'arte dei medici e degli speziali nel 1300, e venne eletto priore. Dirà in seguito che da lì iniziarono tutti i suoi guai. Nel 1319 si stabilì a Ravenna dove morì di malaria fra il 13 e 14 settembre 1321, a 56 anni. Con lui c'era la figlia Antonia che si fece suora con il nome di suor Beatrice. Venne sepolto a Ravenna, nella chiesa di San Francesco, dove si erano svolti i funerali. I fiorentini a un certo punto ne pretesero i resti, ma i francescani li nascosero; alla fine Dante trovò pace in un mausoleo costruito nel 1870, nei pressi del convento dei francescani, e lì si trovano tuttora. Nel ‘Convivio’ Dante dice chiaramente che tutta la vita ruota intorno al problema del desiderio: il nostro essere tende al Bene con la B maiuscola, ma quando pensa di averlo raggiunto rimane deluso. Secondo Dante tutti i nostri desideri sono buoni perché tendono verso l'infinito. Secondo Teodolinda Parolini, dantista americana, Dante è essenzialmente un poeta del desiderio. La parola desiderio deriva dal latino ‘de-sidera’, ‘ciò che ha a che fare con le stelle’ (‘de-sidera’ in latino significa stelle). Alla fine, secondo Dante, quello che desideriamo sono le stelle: per questo tutte e tre le cantiche della Divina Commedia terminano con la parola stelle:
Raccontandoci il suo viaggio, sembra che Dante ci voglia dire: “io ho fatto tutto un percorso, e mi pare di aver capito alcune cose importanti: se mi seguite vi farò vedere che la risposta è positiva, voi siete in rapporto con le stelle”. Eugenio Montale: “Sotto l'azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va; né sosta mai, perché tutte le immagini portano scritto: “Più in là”. cfr. "Inferno", di Franco Nembrini |